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La ragazza stuprata a Palermo: se ne parla con l'avvocata Carla Garofalo nel podcast Egoriferiti

La vera storia dello stupro di gruppo consumatosi a Palermo la scorsa estate a danno della vittima diciannovenne, raccontata dall’avvocata della ragazza che si è impegnata e si sta impegnando a fare giustizia. La legale Carla Garofalo ne parlerà a tutto campo, non risparmiando dettagli, nel corso della puntata numero 19 di “Egoriferiti”, l’unico videopodcast del Sud Italia, disponibile su YouTube e Spotify. “Egoriferiti” è la conversazione tra un ospite e le sue due coscienze – rappresentate dal regista Giuseppe Cardinale e dal giornalista Vassily Sortino – alla ricerca del punto più sincero e allo stesso tempo debole del proprio essere, disponibile in streaming in versione audio-video nelle principali piattaforme online, con una nuova puntata tutti i giovedì alle 21.

Parlando delle dinamiche legate allo stupro di Palermo, l’avvocata Garofalo ha messo in evidenza come. mentre era in corso il reato, con i violentatori che avevano prima fatto ubriacare, per poi trascinare la giovane lungo le strade del centro storico di Palermo, «prendendola sotto le ascelle e palpeggiandola, creando l’atmosfera di peccato, lei ha tentato di segnalare con gli occhi di essere in difficoltà. Ma alla gente, che c’era perché era estate e le strade erano affollate, non è fregato niente. A salvarla sono state due signore straniere, che l’hanno vista esanime, dopo che la giovane è stata abbandonata a seguito della violenza». E ancora: «Le conseguenze della denuncia sono state terrificati. Perché si è cercato di ribaltare la vicenda. Il problema dello stupro non è il piacere, ma il consenso. Su questo tema c’è una sentenza della Cassazione chiarissima».

L’intervista è stata anche occasione per parlare anche del caso di Flavio, il figlio di Carla Garofalo, investigatore privato, morto a Palermo nella primavera del 2006 in circostanze non troppo chiare. «Mettendo online questa puntata – raccontano Vassily Sortino e Giuseppe Cardinale – ci siamo resi conto di avere superato una “zona rossa” tra informazione e intrattenimento, raccontando non uno, ma ben due storie. Entrambe di proporzioni enormi, che mantengono ancora un velo di mistero e che meriterebbero indagini più approfondite. Documentarle ne è valsa la pena. Sia chiaro che non lo abbiamo fatto per voyeurismo o piacere del dramma. Abbiamo trattato l’argomento con estrema professionalità, sapendo di avere a che fare con, non una, ma ben due sofferenze private»