Calcio

Brunori: "La sera chiudo gli occhi e sogno di fare un gol col mio Palermo in Serie A"

L'attaccante umbro ha concesso una lunga intervista a Sportweek, il settimanale della Gazzetta dello Sport, in cui ha parlato di tutto

Brunori in gol contro il Padova

"Il mio ultimo pensiero quando la sera chiudo gli occhi? E' un sogno. Fare gol col Palermo in Serie A". A parlare è Matteo Brunori che ha concesso una lunga intervista a Sportweek, il settimanale della Gazzetta dello Sport uscito ieri, in cui ha parlato di tutto. Dal papà che se ne è andato di casa quando il bomber del Palermo aveva un anno, agli inizi da calciatore, le cadute, la risalita. Fino all'approdo in rosanero con successiva consacrazione. "Io sognavo di giocare qui a Palermo, davvero - ha esclamato Brunori -. E' una città fantastica, la gente è genuina, per strada ogni volta è una festa. Qui, se hanno dieci, ti danno undici".

A Sportweek Brunori ha parlato di tutto. Anche di quella ferita, ben impressa sulla pelle, ovvero il rapporto col papà. "Avevo un anno quando mio padre se n’è andato - ha detto Brunori -. Insieme a mia madre lavorava nel settore della ristorazione in Brasile, dove sono nato io. Poi non sono più andati d’accordo e lui è sparito. Mai più rivisto. Mamma mi ha riportato in Italia, a Bastia Umbra, dove viveva suo padre. Non ho voglia di rivederlo. Non penso a lui come a un padre. Lo ringrazio per avermi messo al mondo, ma ho cancellato anche il suo cognome, Sandri, dalla mia vita".

Una vita piena di cicatrici quella di Brunori, l'attaccante venuto su dall'Eccellenza umbra che non ha ancora una pagina italiana su Wikipedia e che è esploso tardi, a 27 anni, con la maglia del Palermo. La sua vita sembra perfetta per essere usata come trama di un film. Dal flop con la Pro Patria alla discesa nel sesto gradino della piramide del pallone: Petrignano. Poi Villabiagio in Serie D e la risalita. "Quando nel 2015 sono precipitato di nuovo in Eccellenza non ci stavo più con la testa. Stare in Eccellenza, dove si gioca solo per passione, mi è servito a capire che quella dimensione non mi bastava: volevo che il calcio fosse invece la mia professione. Perciò dovevo dare qualcosa in più per uscire da quel limbo. Ma toccherei il fondo altre mille volte, perché mi ha insegnato che per stare dove sono adesso devo sempre dare il massimo".

Poi l'aneddoto sul matrimonio celebrato due giorni prima di Palermo-Padova. "Io e mia moglie ci siamo sposati il 10 giugno, il 12 giocavamo contro il Padova. Erano tre anni che dovevamo sposarci, il Covid aveva fatto saltare tutto, con tutti i matrimoni rinviati come il nostro, quella era la sola data disponibile. Insomma, a novembre vado dal direttore sportivo del Palermo, Castagnini, e gli faccio: 'Direttore, io a giugno mi sposo…'. E lui: 'Matteo, è presto, non sappiamo neanche se verremo promossi direttamente o dovremo fare i playoff. Vediamo più avanti'. Va bene, rispondo io, aspettiamo. Cerco di fare quanti più gol posso per portare il Palermo in B diretto, ma a maggio siamo ancora dietro e allora torno da Castagnini: 'Direttore, qua mi sa che andiamo ai playoff e io mi devo sposare'. Lui mi disse: 'Vai da mister Baldini e parla con lui'. Vado dal mister: 'Io il 10 giugno dovrei sposarmi'. 'Non se ne parla, ti sposerai il 13, dopo il Padova'. 'Mister, ma non ci sono altre date, e se dico a mia moglie che rinviamo ancora il matrimonio, finisce che non mi sposa più'. 'Con tua moglie parlo io'. 'Mister, credimi, è meglio se parli con me'. 'Va bene, sposati e torna per la partita. Ho fiducia perché sei un professionista. Mi preoccupa solo che quel giorno possano fischiarci un rigore a favore e tu lo sbagli. A quel punto saremmo morti in due: a te direbbero che hai la testa da un’altra parte e a me mi accuserebbero di averti dato il permesso'. Baldini è unico. Per lui la famiglia è sacra".
 


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