Segnalazioni

Storie di vita... Vita da clochard

Riceviamo e pubblichiamo

“Abito in una piccola piazza di una grande città. E, sia chiaro, non ho niente da lamentare della mia abitazione attuale. È molto spaziosa. Il mio salotto è così grande che di sera ospita centinaia di persone. Nei miei corridoi si ritrovano migliaia di persone, e per trovare un bagno libero a volte devo fare addirittura due fermate col tram.”(Maksim Cristan) Ieri sera osservavo la gente allegra e sorridente camminare per una delle strade considerate il salotto di Palermo, via Principe di Belmonte, una via pedonale ricca di negozi, bar, e ristorantini tipici per turisti... Le persone passeggiavano abbracciate, o tenendosi per mano, allegre e sorridenti, sembravano così ricche di spirito natalizio... Poi, il mio sguardo, si è soffermato su degli scarponi rotti e sporchi, che spuntavano da sotto una coperta vecchia e piena di buchi, che copriva, non del tutto, una persona raggomitolata su di una panchina, proprio al centro della piazza... Tutti gli passavano accanto indifferenti, senza rivolgergli un solo sguardo, come se fosse normale, che la notte di Santo Stefano, - e aggiungo “o in qualsiasi altra notte dell'anno”, - al freddo, possa dormire, passando la notte all'addiaccio, un uomo o una donna, non mi è dato di sapere, non l’ho visto/a in viso, - almeno all’inizio di questo mio racconto, - perché la coperta copriva il suo corpo fin sopra la testa...

Mi sono fermata vicino ad osservare la persona, avrei voluto svegliarla, offrirle qualcosa di caldo, ma non ho avuto il coraggio di osare… Poi ho visto due cani, con delle pettorine eleganti e calde, giocavano rincorrendosi tra di loro, poco distanti dalla panchina, accanto ai due padroni che parlavano allegramente tra loro. Ad un tratto, uno dei due cani, seguito dall'altro, si è avvicinato alla persona della panchina, e ha iniziato a leccargli le dita di una mano che fuoriusciva dalla coperta, per poi correre via al fischio dei padroni... La persona addormentata sulla panchina si è svegliata, ha sollevato lentamente il suo corpo infreddolito e si è seduta nella panchina... Un uomo, ne giovane ne vecchio, con una barba incolta ed i capelli, tra il castano e il biondo, troppo lunghi e sudici. Il mio sguardo e il suo si sono fissati per un solo attimo, aveva degli occhi azzurri come il cielo limpido di primavera, bellissimi, e un viso da principe, gli ho sorriso e fatto cenno con gli occhi che avrei volevo avvicinarmi per dargli degli euro, lui ha ricambiato il mio sorriso e con un grazie, non detto ma espresso con gli occhi, ha fatto cenno di no con lo sguardo complice di chi ringrazia...

E' stato solo un attimo, ma è bastato a sentire la dignità di uomo che dorme per strada che non cercava elemosina… Avrei voluto parlargli, farmi raccontare la sua storia e raccontarvela, ma lui si è disteso di nuovo sulla “sua” panchina, ha tirato su di se la sua coperta e ha ripreso a dormire… E io ho ripreso la mia passeggiata, pensando alle tante persone senza fissa dimora che vivono in Italia, il cosiddetto "barbone", nome noto per indicare chi vive per strada, e a quanto poco sappiamo delle loro storie, nascoste tra vestiti sporchi e barbe incolte, ed a quanto possiamo imparare dalla loro capacità di adattamento… E pensavo alle parole di George Orwell : “ Erano i poveri in giacchetta nera, i piccoli borghesi, che bisognava compiangere”… e a quanto tutti noi possiamo sentirci a volte barboni, accovacciati negli angoli dimenticati delle strade che percorriamo nella vita, con i vestiti consunti dalle nostre miserie mentali, tutti a mendicare un briciolo di “vero amore”…

Marina Fontana Cona


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