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I veleni di Palermo Arsenico e luoghi misteriosi: la passeggiata culturale serale

Quattro Canti

Venerdì 14 ottobre alle ore 21: Tour serale "I veleni di Palermo Arsenico e luoghi misteriosi". Passeggiata culturale serale, tra le tantissime storie di una Palermo nascosta, connesse a terribili episodi della quotidianità dell’antica città, di "fatali e volgari pozioni, il poison criminalmente dosato nella domestica minestra, nelle salse, negli intingoli, nelle creme", Leonardo Sciascia. Percorso: Palazzo Arcivescovile (esterno), Quattro canti, Piazza Garraffello, ex vicaria, Piazza Marina. Costo 12 euro (bimbi 5/10 anni 5 euro). Durata circa 2 ore e mezza. Prenotazioni: eventi@terradamare.org. 

Scriveva Leonardo Sciascia nel 1970: “L’alto indice di gradimento (come si dice per i più cretini programmi della televisione) di cui l’arsenico è stato oggetto - vittime escluse - è comprovato da questa rassegna degli avvelenamenti occorsi in Palermo dal 1160 al 1815”. Lo storico Rosario La Duca ha indagato ed esplorato proprio questa rassegna di episodi particolari, mostrandoci una città popolata da intrighi, personaggi astuti e luoghi misteriosi. Il centro storico di Palermo, conosciuto per la bellezza dei monumenti e delle piazze, ha tantissime storie da raccontare, di una Palermo nascosta, celata dalle difficoltà sociali e dalla furbizia di alcuni dei suoi abitanti Inizieremo con la storia dell’ ammiraglio Maione da Bari e le congiure della Corte normanna, personaggio ambizioso, gran cancelliere e grande ammiraglio del Regno di Sicilia, la cui morte, avvenuta il 10 novembre 1160, è simbolicamente rappresentata dall’elsa della spada del suo assassino che si trova sul portone del Palazzo Arcivescovile.

La prima tappa del percorso, si concentra in un punto in cui convivono più elementi storici, il quattrocentesco Palazzo , voluto dall’arcivescovo Simone Beccadelli, del quale si può ammirare la splendida trifora gotica, insieme alle diverse strutture architettoniche che compongono la Cattedrale, come i svettanti campanili e l’imponente cupola. Il centro storico di Palermo, conosciuto per la bellezza dei monumenti e delle piazze, ha tantissime storie da raccontare, di una Palermo nascosta, celata dalle difficoltà sociali e dalla furbizia di alcuni dei suoi abitanti. Personaggio femminile, infatti, particolarmente noto, è la vecchia di l’acitu, cioè Giovanna Bonanno, che con l’aceto per ammazzare i pidocchi deciderà di iniziare un commercio abbastanza particolare, ma che la condurrà a morire sulla forca di Piazza Villena o nota come I Quattro Canti, scenografico incrocio, teatro di tante storie della città.

Una terra difficile da controllare, con delinquenti di ogni sorta, bande che terrorizzavano la popolazione, dunque, si cercava di realizzare varie iniziative per poterli fermare e riportare l’ordine. Nella prima metà del 700, il viceré Bartolomeo Corsini, si pose come principale obiettivo la realizzazione o il ripristino di provvedimenti per risolvere i problemi di sicurezza che attanagliavano Palermo e, quindi, introdusse il “bando delle teste”, in pratica un sistema attraverso il quale un criminale poteva uccidere o consegnare un altro criminale e, così, potere ricevere il condono per le sue passate azioni illegali.

Difatti, nelle principali piazze della città si rendevano note tali macabre istanze ed il banditore, anche utilizzando dei manifesti, rendeva diffusa tale informazione di pubblica utilità. Non sempre i sintomi da morte per veleno erano, però, visibili, si cercava di utilizzare metodi poco compromettenti, ci si specializzava in astute pozioni e, a volte, restavano coinvolte anche molte persone contemporaneamente, così come avvenuto nel 1801 alla Vucciria durante un pranzo di nozze. Luogo famigerato connesso a terribili episodi della quotidianità dell’antica Palermo è il carcere della Vicaria, un’immensa architettura eretta nel 1578.

Da questo punto racconteremo la storia di Thofania D’Adamo, che nel 1633, viene condannata per aver composto acqua avvelenata che somministrò al marito, per, poi, essere giustiziata sul piano della Marina. La sua discendente, Giulia, amplierà il mercato dell’acqua tofana, anche fuori Palermo, un veleno inodore che vendeva a donne intrappolate in matrimoni sbagliati e, scoperta, subirà lo stesso tetro destino a Roma.

Ancora Leonardo Sciascia, ci fornisce una definizione delle peculiarità dei veleni utilizzati nell’antica Palermo, tra i suoi vicoli e tra i vari quartieri, e restituiti dallo storico La Duca: “Non quelli che direi “veri”, i lenti e sottili veleni del vivere a Palermo; ma le immediatamente fatali e volgari pozioni, il poison criminalmente dosato nella domestica minestra, nelle salse, negli intingoli, nelle creme; il mort-aux-rats promosso a funzioni liberatorie nelle asfissie da marito o da moglie, negli amori impossibili, nelle possibili ma tardanti eredità. 


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