Un palermitano su 3 compra articoli "taroccati", abiti e cibo in cima alle preferenze
I dati del rapporto di Confcommercio - Imprese per l’Italia in collaborazione con l’istituto Format Research. Gli acquirenti sono soprattutto uomini con un livello d’istruzione medio. Patrizia Di Dio: "L’illegalità altera il mercato e distrugge le imprese sane"
Quasi un palermitano su tre ha effettuato acquisti di prodotti contraffatti: il 62% degli acquirenti è maschio e il 70% dichiara di averlo fatto per difficoltà economiche. Più che in altre parti d’Italia, a Palermo si riconosce che il fenomeno dell’abusivismo e della contraffazione produce concorrenza sleale ma tra le aziende palermitane è minore che altrove la percezione del danno procurato da questi fenomeni di illegalità. Sono alcuni dei dati contenuti nel rapporto di Confcommercio - Imprese per l’Italia, in collaborazione con l’istituto Format Research che fotografa i fenomeni di illegalità, contraffazione e abusivismo. I dati del report sono stati diffusi stamattina in occasione della settima edizione della Giornata “Legalità, ci piace", che Confcommercio celebra per promuovere un’azione di sensibilizzazione contro una serie di fenomeni di illegalità (contraffazione, abusivismo, pirateria, estorsioni, usura, furti, rapine e corruzione) che hanno un grave impatto per l’economia reale e le imprese.
I dati per Palermo
A Palermo la percentuale di consumatori che hanno effettuato acquisti di prodotti contraffatti, è pari al 30,8%, di poco inferiore al dato del Sud (32,9%) e in linea con l’Italia (30,5%). I prodotti contraffatti più acquistati sono gli articoli di abbigliamento (68%), i prodotti alimentari (45,3%) e le scarpe (38,5%). Rispetto al dato del Sud, i prodotti contraffatti più acquistati sul web a Palermo sono le scarpe (+15,4 punti) e prodotti di elettronica (+5).
Il report è stato realizzato su un campione di circa 5.000 interviste (tra consumatori e aziende) effettuate tra l’8 e il 29 ottobre 2019. Nel rapporto sono stati messi a confronto i dati della città metropolitana di Palermo con quelli nazionali e quelli della macroarea del Sud. Questi i principali risultati per quanto riguarda i consumatori.
Perchè si sceglie il falso
L'acquisto è sostanzialmente legato alla difficoltà di non avere “denaro a disposizione” (69,4%, di poco inferiore al dato nazionale pari al 70%) e per la possibilità di fare un “buon affare” (59,3%, inferiore al dato nazionale). Più bassa, rispetto alla media, la percentuale dei consumatori di Palermo che ritengono che acquistare prodotti illegali possa comportare dei rischi.
Il 74,9% dei consumatori palermitani è informato sul rischio di sanzioni amministrative, dato superiore sia rispetto alla media del Sud (66%) che all’Italia (66,8%).
L'identikit di chi compra i falsi
A Palermo è in prevalenza uomo (62%), dai 18 anni in su, ha un livello d’istruzione medio (per il 48%), è soprattutto operaio, impiegato e pensionato (per il 59,9%).
Il fenomeno visto dalle imprese
Dall’indagine parallela effettuata con interviste agli imprenditori palermitani del terziario emergono altri numeri di un certo interesse. E' in aumento la “percezione” del fenomeno della contraffazione (23,9%, comunque inferiore al dato nazionale pari al 34,8%) e la corruzione (18,6% di poco superiore al dato Italia). Il 41,2% delle imprese di Palermo si ritiene danneggiato dall’azione dell’illegalità, percentuale nettamente inferiore sia al dato nazionale (66,7%) che al Sud (70%). Quelli che pesano di più sulle imprese di Palermo sono la concorrenza sleale (69,6%, dato superiore rispetto all’Italia) e la riduzione del fatturato (20,9%, dato decisamente inferiore al dato nazionale).
Altro dato che differenzia Palermo dalla media nazionale è la percentuale di consumatori di Palermo che hanno visto campagne pubblicitarie contro la contraffazione: sono il 52% contro una media nazionale del 60,1%.
"I danni al mercato prodotti da abusivismo e contraffazione sono spaventosi e purtroppo le statistiche dicono che sono in aumento - sottolinea Patrizia Di Dio -. Danni economici per le imprese che perdono fatturato a vantaggio di chi ha meno costi di produzione e gestione; un potenziale danno per i consumatori che comprano prodotti a rischio; un danno al mercato del lavoro visto che con l’abusivismo viene implicitamente favorito il lavoro nero e un danno per lo Stato causato da evasione contributiva e fiscale, dall’Iva alle imposte sui redditi".