"L'Università non è una spiaggia", l'appello dei docenti sul dress code
Il richiamo arriva da Francesco Cappello, professore di Anatomia umana del dipartimento di Biomedicina sperimentale e Neuroscienze cliniche: "Non abbiamo scopi punitivi, vogliamo solo educare"
"Devi sostenere un esame? Accomodati, ma niente pantaloncini e niente ciabatte. Grazie". Il richiamo arriva da Francesco Cappello, docente di Anatomia umana del dipartimento di Biomedicina sperimentale e Neuroscienze cliniche dell'Università al Policlinico. Tra la colonnina di mercurio che sale e l'ansia da esame sembra infatti che più di una volta infradito, costumi da bagno e canottiere abbiano fatto il loro ingresso in aula. Outfit decisamente poco graditi a chi sta dall'altra parte della cattedra. Da qui le indicazioni per un dress code "consono". "Non abbiamo scopi punitivi, vogliamo solo educare", spiega Cappello a PalermoToday.
Il docente ha pubblicato sulla propria bacheca Facebook un'immagine eloquente: due simboli di divieto, all'interno un paio di pantaloncini e un paio di ciabatte. E la scritta "Per gli studenti che devono sostenere o verbalizzare esami, munirsi di un abbigliamento consono e rispettoso in caso contrario non sarà consentito l'accesso alla struttura". Per il professore, in meno di 24 ore, 314 like e una pioggia di commenti favorevoli.
L'iniziativa dei docenti palermitani si colloca sulla scia dei colleghi di altre città, soprattutto presidi di scuole superiori da Bari a Milano, da Vicenza a Imola.
Un richiamo che arriva dopo "spiacevoli" episodi. "Capita - racconta Cappello - di vedere studenti che si presentano per sostenere esami, o che vogliono assistere, in canottiera, pantaloncini e infradito. Non è raro che si intraveda il costume. Noi siamo prima di tutto educatori. Se alcuni ragazzi non sono stati indotti dalla società a riflettere sulla necessità di avere un abbigliamento consono ai vari luoghi, lo facciamo noi. Ecco, noi li invitiamo a riflettere. Non importa che siano ragazzi o ragazze, per noi sono semplicemente e asetticamente 'studenti'. Ne vogliamo stimolare la coscienza, non abbiamo scopi 'punitivi'. Secondo la stessa logica alle mie lezioni chiedo la cortesia di non utilizzare il cellulare. E i telefoni non squillano. Il messaggio educativo passa".
"Ogni tanto - sottolinea Cappello - assistiamo a scene 'comiche' con studenti che si rendono conto dell'errore e corrono ai ripari magari scambiandosi la maglia con il collega all'ultimo minuto. Capiscono di avere sbagliato e rimediano".