"Basta con odio e paura", appello del vescovo di Cefalù per l'accoglienza dei migranti
Giuseppe Marciante ha dedicato ampia parte dell'omelia per la festa del patrono San Salvatore al tema dell'immigrazione senza però dimenticare i tanti siciliani "costretti a lasciare la nostra terra per inseguire con tenacia e coraggio i loro sogni"
"Non lasciamoci travolgere dall'odio, dal populismo e dalla paura dell'altro uomo". E' l'appello lanciato dal vescovo di Cefalù, Giuseppe Marciante, nell'omelia per la festa del patrono, San Salvatore. Il religioso si è schierato contro le politiche di chiusura. "La luce del Cristo trasfigurato - ha detto monsignor Marciante - faccia nascere o rafforzi in noi la mentalità dell'accoglienza, dell'integrazione, ci spinga a un forte rinnovamento interiore che ci allontani dal vedere nel fratello immigrato un peso da portare, ma a considerarlo una risorsa".
Nelle parole di Marciante anche un riferimento a quanti poi lasciano la Sicilia: "Non dimentichiamo i nostri giovani con le valigie che lasciano la nostra terra per inseguire con tenacia e coraggio i loro sogni che spesso si trovano sulle cime impervie di un Tabor lontano diverse migliaia di chilometri dalla nostra splendida isola. Vi consegno dei dati che, credo, debbano farci riflettere: lo scorso anno oltre 128.000 connazionali hanno lasciato l’Italia; di questi, più di 24.000 erano minori, definiti 'minori con la valigia'. Le cifre sono talvolta impietose: quasi il 17% di questi minori ha meno di 14 anni. Non si tratta di un fenomeno transitorio. Chiediamo luce al Cristo trasfigurato per capire meglio il futuro e le profonde e radicali trasformazioni della geo-politica mondiale che ci toccano anche da vicino, coinvolgendo i nostri centri abitati. Si è stanchi di retribuzioni dimezzate, di lavoro sommerso non tutelato, di precari ancora non ancora stabilizzati dai nostri enti pubblici come la Regione e i nostri Comuni, di un Paese che non riesce ancora a premiare il merito, di una burocrazia asfissiante, di una situazione perennemente stagnante. Talvolta ci si trova obbligati a una scelta atroce: o ci si accontenta di essere schiavi o si è costretti a partire".