Mafia

"Non erano soldi dei boss, ma gli incassi del suo negozio di casalinghi": assolto

A Pietro Ventimiglia erano stati trovati quasi 13.500 euro in contanti e un assegno firmato da Salvatore Mulè, accusato di essere a capo della cosca di Ballarò. Ma la difesa ha dimostrato la provenienza lecita del denaro ed è caduta l'accusa di ricettazione

Il mercato di Ballarò

Gli erano stati trovati quasi 13.500 euro in contanti, oltre a un assegno da 1.580 euro firmato da Salvatore Mulè, accusato di essere a capo della cosca di Ballarò, ma anche uno strano quaderno con nomi e cifre. Per questo Pietro Ventimiglia era finito sotto processo per ricettazione. Quel denaro però non sarebbe stato di Cosa nostra, ma invece l'incasso legato al suo negozio di casalinghi. Il gup Fabio Pilato ha così deciso di assolvere l'imputato, con la formula perché "il fatto non costituisce reato".

Ventimiglia, difeso dagli avvocati Giovanni Castronovo e Silvana Tortorici, era stato fermato dai carabinieri assieme ad altre persone il 14 gennaio del 2016. Con sé aveva 3.670 euro in contanti e l'assegno firmato da Mulè: avrebbe fornito ai militari spiegazioni poco convincenti sulla provenienza dei sodli e per questo era stata compiuta una perquisizionen sia a casa dell'imputato che nel suo negozio di Ballarò.

Con questo ulteriore controllo, erano stati ritrovati altri soldi (9.540 euro), un quaderno con delle cifre e dei nomi e dei documenti relativi ad una barca di proprietà di un altro mafioso, Antonino Ciresi. Gli avvocati durante il processo che si è svolto con il rito abbreviato hanno fornito documenti che dimostrerebbero come i soldi sarebbero strai di provenienza lecita. Da qui l'assoluzione.


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