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Elezioni e astensionismo: cara Palermo, chi tace acconsente

Scritta di protesta contro il voto - foto archivio

Se c'è un'arte in cui il palermitano medio eccelle è senz'altro quella della lamentela e - diciamocelo francamente - la città, con i suoi atavici disservizi e la sua pessima qualità della vita (certificata ogni anno dalle statistiche), di spunti per imprecare ne offre veramente tanti.

Eppure quando c'è da fare un gesto semplice, ma decisivo - perché offre la possibilità reale di cambiare tutte quelle cose che non digerisce - il palermitano non si presenta: si rifiuta di impugnare una matita e di votare, di scegliere chi debba rappresentarlo e a chi affidare il potere di amministrare la città e, chissà, di eliminare almeno una parte delle sue storture. Tace, nell'unico momento in cui bisognerebbe parlare. E così la quinta città d'Italia, con quasi 700 mila abitanti, si ritrova guidata da chi ha ottenuto appena poco più di 98 mila voti. 

Quei 6 palermitani su 10 che domenica hanno preferito non esprimersi e hanno deciso di non partecipare al momento di massima espressione della vita democratica (uno dei pochi in cui la loro rabbia e le loro rivendicazioni possono sortire un effetto), stiano quindi in silenzio anche per i prossimi 5 anni. Se hanno trovato le motivazioni sufficienti per rinunciare ad un diritto fondamentale, cardine della nostra Costituzione, figuriamoci se non potranno trovarne di altettanto convincenti per smettere non solo di lamentarsi, ma persino di sospirare di fronte alle centinaia di morti lasciati in deposito perché non ci sono sepolture o di fronte alla sporcizia che insudicia le strade dal centro alle periferie. Muti devono stare. 

D'altra parte il silenzio, che raramente è d'oro, in troppi casi da queste parti si trasforma in omertà. Tanti palermitani sono bravi a sbraitare solo quando questo non ha alcuna conseguenza. Si indignano tantissimo a chiacchiere, ma se poi si trovano nella situazione concreta in cui far valere il loro spirito legalitario e antimafioso, il loro amore per la civiltà, ecco che perdono vilmente la parola. Salvo poi lamentarsi, appunto, perché non funziona niente, magari tirando fuori a sproposito "Il gattopardo" e tutto l'armamentario della rassegnazione sicula determinata dal caldo e dallo Scirocco, dall'essere isola o dalla deleteria occupazione spagnola.

Questi palermitani - che sono alla fine la vera maggioranza, un esercito silente che avrebbe la forza e il potere di ribaltare tutto - stiano zitti, quindi, proprio come domenica hanno taciuto. Perché chi tace semplicemente acconsente. 


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