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Piano City, maratona di note tra bellezza e polemiche: Palermo nonostante Palermo

Tra le cose belle di questa manifestazione, sembrerà strano, c’è anche la delusione di chi giunto tardivamente non è riuscito ad assistere a uno dei tanti concerti gratuiti tra l'Aula Bunker, lo Spasimo e il Teatro Massimo

Giovanni Norrito, Maratona Chopin Teatro Massimo @Rossella Puccio

Tra le cose belle di questa manifestazione, vi sembrerà strano, c’è anche la delusione letta nel volto di chi giunto tardivamente non è riuscito ad assistere a uno dei tanti concerti gratuiti di questa edizione palermitana di ‘Piano City’, e non per cattiva organizzazione, ma per lo straordinario numero di persone che nelle 70 ore di concerti per pianoforte è cresciuto a dismisura sino a riempire ogni più piccolo spazio dei 20 luoghi simbolo della città scelti come palcoscenico diffuso. Così che, come copione talvolta comanda in questa città, anche questa volta non sono mancate piccole rivolte popolari.

Domenica sera, nel corso della ‘Maratona Chopin’ al Teatro Massimo (che ha registrato trentamila visitatori in 24 ore) c'è chi alzando un po' i toni chiedeva di entrare nonostante il numero limitato di posti nel foyer fosse pressoché superato, lamentando un'incongruenza nel programma della manifestazione che indicava come luogo del concerto Piazza Verdi e non il ridotto del Teatro. Un plauso va al direttore di sala del Massimo, Antonino Sampognaro, e alle maschere del Teatro che hanno gestito quei piccoli rigurgiti di deplorazione in maniera gentile (difficile di questi tempi), rispondendo alle domande di chi chiedeva delucidazioni per quell’ingresso negato.

È proprio di questa delusione di cui parlo, delle sue ragioni, di quel desiderio negato che ci racconta dell’attesa, della voglia di bellezza nascosta dietro quell’aspettativa negata. Fa sorridere, teneramente s’intende, la donna che all’ingresso del Teatro punta i piedi come fosse una bambina davanti a un negozio di balocchi, agitando il colorato programma davanti al volto imberbe del giovane in stretta divisa che scusandosi ripete: "Mi spiace, ma lo spazio è quello che è, non c’è più posto. La maratona è andata avanti per 24 ore", capitemi bene, perché è di musica, di arte, che parliamo e non di una partita di calcio, in un’Italia spesso claudicante e sorda (piccola digressione: nel 2015 l'88,3% degli italiani non è andato a un concerto di musica classica, e solo uno su cinque ha svolto un’attività culturale).

Fa ben sperare il copioso numero di persone che all’alba hanno goduto del buongiorno musicale nel porticciolo assonnato di Mondello, e poi ancora chi ha scelto il concerto all’Aula Bunker del carcere Ucciardone, al Teatro Massimo, allo Spasimo, negli Oratori del Serpotta, alla Questura di Palermo, al Castello della Zisa e in altri luoghi simbolo della città, che hanno deposto il proprio ruolo per divenire palcoscenico musicale diffuso. La musica ha amplificato lo spazio donandogli nuova natura, mostrando Palermo così come talvolta alcuni visionari tra le sue strade la percepiscono: fasciata da una ininterrotta e suggestiva colonna sonora. Sebbene le sue stridenti contraddizioni, che alimentano quella che talvolta è solo sterile polemica, in questa Palermo ‘sontuosa e oscena’ (Giuseppe Fava docet) la musica ha vinto e l'arte in genere.

A decretarlo sono quegli spazi della città riconquistati e rivitalizzati da quella linfa fatta di persone e sguardi (cittadini e stranieri); è il giovane padre che uscendo dal foyer del teatro Massimo, mentre risuonano alle sue spalle le note di Chopin eseguite dal maestro Massimo Bentivegna e da giovani pianisti come Federico Di Noto, Simone Cannella, Gabriele Laura, Giovanni Norrito, prendendo in braccio la figlioletta le dice: "Guarda, li vedi quei due grossi leoni? Sembra che la musica li abbia svegliati, come per magia, pronti a muoversi". È la coppia di anziani appartati a un angolo del Castello della Zisa che, con la meraviglia negli occhi, sussurrano appena in una reciproca confessione che sembra avere tanti anni addosso: "Che bellezza! Così tanti anni e non conosciamo nulla. Dovremmo approfittare di cose così...".  Come non meravigliarsi della meraviglia? Mentre risuonano sin in fondo alla strada, come richiamo alla riconciliazione e forse alla resilienza, le note originali del giovane pianista e compositore palestinese, Faraj Suleiman.

È il trionfo della bellezza e dello stupore 'nonostante tutto', nonostante le pile di rifiuti in diversi punti della città, nonostante la maleducazione, nonostante il traffico, nonostante l'operatore della Rap ai piedi del teatro Massimo che conducendo il suo Glutton (aspiratore di rifiuti urbani) come fosse una colorata navicella spaziale ripulisce piazza Verdi mentre ascolta a tutto volume musica techno. È Palermo nonostante Palermo. Come diceva Pina Bausch: "A Palermo ci sono talmente tante cose e così complesse che io posso mostrare soltanto un piccolo aspetto della città. Non posso, in una breve serata, dire tutto su Palermo. Posso soltanto rappresentare le sensazioni che mi hanno colpita, e anche di queste soltanto una minima parte".

Piano City Palermo 2017: la manifestazione nata sei anni fa a Milano quest’anno si è arricchita dell’edizione palermitana organizzata nell’ultimo week end di settembre: 70 ore di musica, 100 pianisti e 20 luoghi simbolo della città. Il Festival è organizzato da Piano City Milano, Teatro Massimo e Comune di Palermo, in collaborazione con Le Vie dei Tesori e il Conservatorio di Musica Vincenzo Bellini di Palermo, e con il sostegno di Intesa Sanpaolo. La direzione artistica è curata da Ricciarda Belgiojoso, dal 2016 alla direzione di Piano City Milano, e Oscar Pizzo, Direttore artistico del Teatro Massimo.


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